Quantitative Easing

Prima bisogna fare il proprio dovere, poi vengono le critiche

di Saverio Collura

Il nostro ministro dell'economia in merito al Quantitative Easing ha espresso una riserva che a me sembra non aiuti la decisione assunta dal presidente Draghi. Padoan dice che per avere una unione monetaria serve la condivisione dei rischi. Se egli non fosse il più importante ministro del governo italiano, e non avesse avuto sino a pochi giorni addietro la guida del comitato dei ministri finanziari dell’UE, certamente avrebbe avuto buon motivo per esprimere questa sua riserva; ed avrebbe avuto la nostra comprensione. Ma stante le sue responsabilità connesse con la sua attuale e precedente funzione, ci chiediamo se abbia reso un buon servizio alla causa, esprimendo questa valutazione. Forse non ha letto, ma non posso credere, quali severe critiche hanno espresso i principali quotidiani tedeschi in merito alla recente decisione della BCE. La Frankfurter Allgermeine Zeitung scrive che la BCE "seppellisce i principi dell'unione monetaria". Mentre l'altro importante quotidiano, Bild, sarcasticamente commentava e stigmatizzava che ora "comprano 380 miliardi di boccali di birra". Ciò detto, suggeriamo al ministro Padoan di esprimere le riserve ora formulate , solo dopo aver preparato, e fatto approvare le essenziali ed indifferibili riforme di struttura vitali per il risanamento dell'Italia; rispondendo così con i fatti concreti alle taglienti (ma comprensibili) affermazioni dei mass media tedeschi. Se il governo italiano vuole veramente che si attui una significativa politica di unione monetaria, con la conseguente condivisione dei rischi, allora farebbe bene ad approfittare delle condizioni favorevoli che si stanno creando per accelerare il processo di risanamento e di rilancio del sistema economico e produttivo nazionale. Sarebbe pertanto utile che il ministro dell'economia, ed il governo tutto prendessero atto che gli ultimi avvenimenti europei (Q E; e maggiori disponibilità e duttilità della commissione UE nella valutazione del deficit dei bilanci degli Stati) hanno dato un segnale veramente importante nella direzione giusta: l'unione politica e federale degli Stati dell'area euro. Ma dobbiamo aggiungere subito che il merito principale e determinante di tale nuova possibile prospettiva è di un italiano, che però politico non è: il presidente della BCE Mario Draghi. A ruota, la medaglia d'argento tocca di diritto alla Cancelliera tedesca, la signora Merkel, che ha saputo e voluto far accettare ai suoi concittadini, nonostante le forti riserve dell’ opinione pubblica tedesca prima ricordate, una decisione per loro alquanto indigesta; ma che in prospettiva potrebbe imprimere una consistente spinta politica verso gli Stati Uniti europei. Viene spontanea la domanda da porsi : quale leader politico italiano avrebbe avuto la volontà di assumere e tenere fermamente un simile comportamento di fronte al fuoco concentrico della Banca d’Italia e dei mass-media nazionali? La medaglia di bronzo va giustamente attribuita ai paesi del Nord Europa, che hanno accettato il principio che il 20% dei rischi connessi al QE venga “socializzato” , riportato quindi, attraverso la partecipazione azionaria nella BCE, pro-quota sui bilanci dei rispettivi paesi; facendosi conseguentemente ( parzialmente) carico anche delle malefatte finanziarie degli Stati con gravi problemi di deficit e di debito pubblico. Come si vede nessun uomo politico dell'Italia, paese fondatore e tra quelli ritenuti (a torto?) tra i più convinti federalisti, ha svolto un ruolo determinante in questo passaggio estremamente cruciale, delicato e fondamentale per il futuro della moneta comune, e quindi della auspicata unione federale. La nostra politica ha fatto chiacchiere vuote, quando non ha addirittura fortemente contribuito ad alimentare, con il suo comportamento dissipatore della finanza nazionale, la forte diffidenza dei paesi virtuosi verso la decisione giusta voluta da Draghi. Volere il tutto e subito,come sembrerebbe indicare la riserva espressa dal nostro ministro dell'economia, sembrerebbe nella migliore delle ipotesi una fuga dalla realtà; stante i limiti connessi alle forti riserve che oggi trovano ampia diffusione nella maggioranza dell'opinione pubblica dei paesi del Nord Europa. Una causa giusta richiederebbe da parte di chi la propugna comportamenti virtuosi e conseguenti: non ci sembra che sia questo il caso della politica italiana.

Roma, 28 gennaio 2015